Molti astrologi, prima di me, si sono interrogati su cosa sia possibile dire e cosa sia meglio tacere durante un consulto astrologico. C’è chi si attiene alla propria etica per cui esclude uno o più argomenti specifici, chi sviscera qualunque argomento mantenendosi sul vago ma possibile e chi, pochi per fortuna e perlopiù non astrologi professionisti, rispondono a qualunque domanda del consultante anche se eticamente sbagliata e, ancor peggio, che non può avere risposta. Un esempio su tutti è la domanda che riguarda la previsione di morte di qualcuno. Oltre che abominevole come richiesta, è eticamente scorretto, da parte dell’astrologo, anche solo provare ad ipotizzare una data. L’astrologo, per fortuna direi, non è in grado di rispondere ad una domanda del genere anche perché l’astrologia, antica scienza millenaria, parla di evoluzione della vita e non di morte.
Resta il fatto che, pur rimanendo nel lecito e corretto, a volte, l’astrologo ha il dubbio su cosa sia opportuno dire e cosa no al consultante che chiede lumi su un argomento specifico. A me talvolta capita e per questo ho fatto una lunga riflessione a cui, sono certa, altri astrologi saranno giunti anche prima di me. Al consultante bisogna riportare le sole informazioni che in quel momento è in grado di recepire e fare proprie. L’astrologia è legata al tempo, ai cicli, lo sappiamo bene ma capita di dimenticarcene, soprattutto quando non capiamo che momento della propria evoluzione sta attraversando il consultante. Così può capitare che, studiando il suo Tema con annessi transiti e progressioni, ci rendiamo conto di qualcosa e il nostro lavoro preme affinché il consultante sia messo al corrente dell’intuizione che, come l’alta marea, ci è giunta alla coscienza grazie alla nostra preparazione tecnica. Ma, attenzione! Siamo sicuri che il consultante sia in grado di portare alla coscienza tale informazione? E se non lo fosse? Come la recepirebbe? Molto probabilmente male, soprattutto se in quel momento non fosse in grado di utilizzarla a fini pratici. Molto meglio seguire il percorso evolutivo di chi si affida a noi e proporre l’esposizione, in un successivo momento, di ciò che ci preme che il nostro consultante conosca. La lezione che ho imparato è che, nonostante il consultante dica a parole che vuole sapere tutto poi, l’esperienza insegna che in realtà può sapere solo quello che in quel momento è in grado di capire. Questa, credo, è sincera affezione per chi si affida a noi, essere attenti a chi abbiamo di fronte lavorando sul nostro ego che scalpita e che invece vorrebbe dimostrare la sua bravura per aver saputo interpretare correttamente un Tema a discapito però della crescita spirituale di chi ci è di fronte.